Pubblicato su STRUMENTI E MUSICA
BLUES di Renato Catania “Ho inviato la mia anima nell’invisibile, a decifrare qualche lettera del dopovita: e in un baleno la mia anima è tornata e mi ha detto che io stesso sono paradiso e inferno.” (Austin Osman Spare). La macumba è un piccolo tamburo usato per i riti delle religioni afro - brasiliane, ma è anche un ballo, che ossessivamente accompagna i riti magici che attraversano la vita dei popoli africani e brasiliani. Ovviamente il tamburo non basta a creare la musica che incita ai riti pagani, ma è anche il “ blues” che per la sua struttura musicale e tradizione ben si addice a sviluppare nenie e frenetiche ossessive note musicali. Il blues, quindi, strettamente legato alla macumba ne interpreta perfettamente il significato. Il blues la cui traduzione letterale vuol dire “malinconico”, dalla sua origine ha rappresentato la musica del diavolo. Tale motivazione da alcuni è attribuita, dalle sue origini, agli autori e ai musicisti dell’epoca, legati al loro genere di vita, dediti spesso all’alcool e al gioco d’azzardo, per altri, invece, al tipo di atmosfera che il suo stesso “sound” genera. La musica moderna vanta la sua origine nel blues. Il rock è fortemente legato a questo genere la cui anima, spesso tribale, trae fortemente ispirazione dalla parte più dinamica e accesa del blues. Realmente, se pensiamo al blues come generatore di atmosfere profonde e se pensiamo alla sua origine legata alla tradizione afroamericana, l’alone di mistero che lo circonda, stimola pensieri fatalmente esoterici. La macumba, intesa soprattutto per quei popoli come magia nera, attivava negli animi che la praticavano quel desiderio di giustizia, di rivalsa e di vendetta che nessuno avrebbe potuto appagare. Regole ferree regolavano i riti magici: un santone, conoscitore d’infallibili regole, attivava feticci stranissimi, per colpire i nemici e gli oppressori, che sfruttavano gli schiavi. Quale tipo di musica, per quell’epoca, avrebbe più incarnato il motivo conduttore del desiderio di vendetta e la straordinaria protesta che covava nei cuori oppressi dalla schiavitù? L’esponente più espressivo del blues fu Robert Johnson di cui si dice abbia venduto l’anima al diavolo in cambio del successo e la notorietà. Anche questa musica scaturì dalla grande sofferenza degli schiavi africani, deportati in America come forza lavoro al servizio di agricoltori europei. Furono molte le sevizie subite, accalcati nelle stive delle navi, incatenati e frustati. Questo popolo portò con sé le tradizioni e le usanze dei loro paesi d’origine, dove di certo non avevano risorse economiche e come i fratelli cubani, riversavano la loro forza e passione nella musica, che però poteva cantare solo il dolore e le umiliazioni subite. Ecco che alcuni gruppi molto coesi, inventarono canti e nenie, carichi di “sound” intrisi di passione. La Louisiana sembra, abbia dato i natali al blues nella seconda metà dell’800, ma la consacrazione di questa musica fu sicuramente il 1865, fine della guerra di secessione in America. In quell’anno fu dichiarata l’abolizione della schiavitù in tutti gli Stati Uniti. Certo questo non avvenne dall’oggi al domani. Ci fu una lenta progressione. Il blues fu anche utilizzato per la comunicazione fra gli schiavi africani, poiché non era consentito di parlare la loro lingua, per cui s’inventarono stili linguistici e musicali comprensibili dalla loro etnia. Nei campi di cotone il massacrante lavoro era scandito da lamenti e suoni, ritmati dal battito delle mani e si creò un genere musicale. Dopo la liberalizzazione fu data agli ex schiavi la possibilità di riunirsi fra loro con l’utilizzo di strumenti musicali di cui ebbe grande importanza la chitarra, erede del “banjo” dalla quale i suonatori di blues riuscivano ad ottenere sonorità assolutamente originali e mai ascoltate. Furono i primi anni del 900 che la musica blues ebbe concreta connotazione nella coscienza musicale dell’epoca. Quello che favori la diffusione fu la migrazione del popolo afroamericano verso le grandi città come Detroit, Chicago, New York, Memphis e altre. Poi con l’inizio dell’integrazione sociale, i figli degli afroamericani, già intrisi della cultura americana che faceva capolino socialmente, riuscirono a inserirsi nelle comunità musicali in grande espansione, finché agli inizi degli anni 20, la discografia americana intuì nel blues nuovi stimoli e sicuramente nuovo “business”, investendo nella diffusione di dischi dedicati. Il primo brano inciso, capostipite di questo genere fu” Crazy blues” di Mami Smith. Il successo fu immediato, sia per la novità musicale, che l’identificazione sociale in pieno sviluppo, che i giovani avevano portato. Gli anni successivi furono testimoni delle variazioni legate al ritmo iniziale, creando il “boogie-woogie” frenetica musica blues, dal quale scaturì un nuovo modo di ballare; “blues jazzistico”. Il suono dei tamburi e della batteria, in forma forse rudimentale, ma di sicuro effetto nel suono; il “rhythm & blues”, capostipite di un nuovo percorso musicale, che creò a un genere molto ritmato, attraverso il quale l’improvvisazione era sovrana, ovviamente coniugata con l’affiatamento degli elementi i piccoli complessi che nascevano quasi spontaneamente; “il gospel” il cui ritmo più soft accompagnava i cori “neri” di musica religiosa di cui ancora oggi ascoltiamo melodie cariche di nostalgia e devozione. Gli anni 50 decretarono la consacrazione del blues, che diede origine a musiche mai ascoltate che avrebbero segnato profondamente un’epoca: il rock’n’roll, il rock, il punk, il rap, il soul e molte altre, da cui le evoluzioni come il jazz, il folk, il pop, il reggae e il country. Il blues è anche grande contraddizione, perché se nasce dalla malinconia e interpreta la musica del diavolo, è anche portatore di misticismo, per com’è adattato al “gospel”; è anche amore, perche suscita profondi sentimenti, non solo fra amanti, ma anche nelle famiglie dell’epoca che si nutrivano maggiormente dell’amore per i propri cari. Premia la “razza nera”, perchè consente a questa etnia dai tratti somatici marcati e aggressivi, di esprimere come solo loro sanno fare, il nerbo infuocato dei sensi di cui l’uomo che soffre è portatore. Ha saputo consacrare l’inventiva e uno stile definito di un popolo cui sono stati riconosciuti pochi meriti, premiandolo in una forma di riscatto infinito. In Italia il blues, ha avuto vita difficile e solo negli anni 70 alcuni musicisti inglesi e americani (Dave Baker, Cooper Terry e altri), trasferitisi in Italia contribuirono a far conoscere questo genere musicale. Da allora l’armonicista Fabio Treves con la sua Band, Roberto Ciotti e altri, diffusero il blues, prima, eseguendo i brani già famosi importati dall’America e successivamente con loro composizioni di grande pregio. Oggi l’esponente più conosciuto del blues italiano è Nick Becattini, conosciuto e acclamato anche all’estero. I tipici strumenti utilizzati dalle moderne Band sono: chitarra elettrica, chitarra acustica, pianoforte, chitarra reso fonica, dobro, chitarra a dodici corde, basso elettrico, contrabbasso, tromba, trombone, sax, batteria, armonica a bocca. In Italia alcuni cantanti usano alternare nel loro repertorio anche brani riconducibili al blues: Zucchero Fornaciari, Pino Daniele e pochi altri, mentre i complessi che si sono specializzati riscutono discreto successo a livello locale. La cultura musicale italiana in netto declino, non ha saputo cogliere, in questo genere musicale, lo spunto per nuove tecnologie e suoni. |
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