L'INCHIESTA
di Renato Catania Chi non ha peccato......................... LE CRONACHE di ogni giorno ci chiamano a conoscere l'uomo nelle sue innumerevoli sfaccettature. Quello di cui mi voglio occupare appartiene ad una parte della nostra società, che nel tempo è sempre stata costretta nascondere la sua vera identità. Un mondo celato tra le pieghe del censurabile. La nostra Società, quella più buonista, riparata dalla normalità, ha sempre saputo, ma non ha mai voluto approfondire con serenità, non prendendo atto, di un settore della natura umana, che volente o nolente esiste in larga misura, largamente inserito in tutti gli strati sociali, in tutte le professioni, in tutti i mestieri, all'interno di moltissime famiglie. Mi riferisco alla galassia gay: il termine usato è internazionale. Tradotto nella nostra lingua vuol dire allegro, gioioso, gaio. Pensate com'è bello questo significato, ma dietro il significato internazionale di questo aggettivo, si nasconde un mondo che starebbe stretto persino su una superficie grande quanto Marte, tanti sono coloro che da portatori sani, ne subiscono gli effetti, rispetto alla Società in gran parte ipocrita e bigotta composta spesso persino da chi li ha messi al mondo. L'argomento non è certamente semplice e non può sicuramente essere licenziato solo attraverso le righe di questo articolo, ma ho voluto cogliere qua e là le opinioni di persone che per varie ragioni hanno a che fare con i gay, sentendo in prima persona chi affronta la vita di ogni giorno con la propria condizione. Ho ritenuto aprire la mia indagine proprio con un addetto ai lavori: Jean Paul Bianco, titolare di un'agenzia, che si occupa delle pubbliche relazioni di un periodico specializzato del settore, distribuito anche all'estero. - Jean Paul, di cosa si occupa esattamente? “Mi occupo della rivista ‘Lui magazine’ per ciò che riguarda la pubblicità e le pubbliche relazioni, da diversi anni per cui sono in continuo contatto con una realtà che è particolarmente vicina al mondo gay dal punto di vista editoriale. Il mio lavoro mi porta a contatto con personaggi anche del mondo dello spettacolo che intersecano le realtà gay, nel loro aspetto più intrigante: spettacolo, opinioni, moda e tanto altro”. - Secondo lei la gente comune che idea ha dei gay? “Ritengo che dal punto di vista dell'identificazione si fa molta confusione, perché questo argomento in Italia non è mai stato affrontato in modo serio, facendo posto ad un mieloso buonismo o ad una spietata aggressività che nulla ha a che fare con la realtà”. - Il suo giornale ha mai avuto occasione di occuparsi dei transessuali? “La nostra rivista si occupa di un pubblico gay di un'altro tipo che poco ha a che fare con i transessuali. Abbiamo spesso intervistato qualche Drag queen (termine inglese che sta a significare cantanti - drag singer - che vestono abiti opposti al loro sesso. Le cantanti infatti, che vestono panni maschili, vengono definite Drag King ndr) ed è emerso che sono persone che amano lavorare in locali specializzati che si occupano di spettacoli a tema travestimento, nei quali si ironizza su personaggi dello spettacolo o comunque pubblici, enfatizzando al femminile i vari ruoli. Questi artisti però sono un discorso a parte e non necessariamente sono gay. I transessuali vivono la loro giornata decisamente al femminile, sentendo insita quella femminilità esasperata che neanche le donne hanno. Conosco molto bene Vladimir Luxuria che si definisce Trasgender, la cui differenza con i transessuali è quella che mentre la prima, ama vestirsi da donna continuando a mantenere gli attributi maschili, i secondi si sottopongono ad un trattamento medico-chirurgico di evirazione e successiva costruzione di organi femminili ovviamente non procreativi. I transessuali hanno un problema, che al contrario dei gay che definisco semplici, manifestano un impatto visivo forte, che spesso induce allo scherno o peggio all'emarginazione”. - Ritiene quindi, che questo segmento della natura umana, sia complicato? “Esattamente! Conosco molti gay ed ognuno ha la sua storia, ha il suo percorso che l'ha introdotto in questo mondo”. Ho concluso così l'intervista che è stata sicuramente chiarificatrice, ma non è tutto qui; i risvolti di questa realtà sono davvero infiniti. Prendo spunto dalle ultime parole di Jean Paul: “ Ognuno ha la sua storia ed il suo percorso”, per continuare nell'analisi di questa realtà poco nota, nonostante in questi ultimi tempi sembra non si parli d'altro, per approfondire altri aspetti psicologici che danno origine al modo di esprimere le innumerevoli sfaccettature di cui si è detto prima: Ho cercato l'occasione per avvicinare un transessuale, che ha preferito mantenere l'anonimato anagrafico, ma che si fa chiamare Ornella. É italiana, una delle poche rimaste, perché la maggior parte di quelle note, sono straniere, perlopiù brasiliane. Non è giovanissima, anzi la definirei attempata, ha un passato che vale dieci vite. Mi ha raccontato di non avere mai accettato il suo pisellino. Quando giocava con le bambine del vicinato il suo unico pensiero era quello di verificare la differenza del sesso e di invidiare profondamente le sue amichette. Con il passare degli anni, durante l'adolescenza, si sentiva totalmente donna e fu li che cominciò a frequentare i maschietti della sua età e fu li che scopri di essere diverso anche mentalmente. Passarono gli anni, fu costretto ad allontanarsi dalla sua casa in Sicilia, perché veniva picchiato e spesso violentato dai suoi coetanei. Racimolò le sue poche cose e fuggì alla volta di Milano. Come vivere? Dove abitare? Fu la strada la sua risorsa. Alla sera, indossati i panni femminili, batteva in una piazza frequentata da altri travestiti. Guadagnò quel tanto da dare una svolta netta al suo percorso. Si recò in Inghilterra dove una sua ‘collega’ di marciapiede si era recata per cambiare sesso e da un giorno all'altro tutto mutò radicalmente. Al suo ritorno la piazza l'accolse ancora: continuò a battere. Conobbe molte persone, anche molto in vista: gente di spettacolo, industriali, politici, gente comune. Lungo il percorso della sua vita ha continuato ad essere derisa ed in più usata e maltrattata. Ho avuto l'occasione di conoscere Francesco, un ragazzo di 20 anni, esile, occhi segnati dalla matita, andatura ancheggiante, gestualità esagerata. Mi sono avvicinato spiegandone il motivo. Un gran sorriso l'illuminò e con fare femmineo mi raccontò la sua storia che non si diversificava molto dalla precedente se non per il fatto che non si travestiva, ma il percorso era simile a quello del transessuale. Pure lui fu allontanato dalla famiglia, pure lui batte nelle piazze, ma non si fa pagare, “ Lo faccio per amore”, mi ha confessato. Sei felice? Gli ho chiesto. “Si!. Però mi prendono tutti in giro”. Mi sono commosso per quel Si dei suoi vent'anni. Ed ancora: i gay “velati”, termine in uso nell'ambiente che sta ad indicare coloro che non “marcano” o che sono sposati. Per questi soggetti il dramma è di vivere una vita nell'ombra. La confusione che nasce nell'opinione pubblica è spesso alimentata anche dalla televisione che manda in onda fiction a tema, come “Io e mio figlio”, la cui trama poliziesca ha all'interno la storia del figlio gay del protagonista, il commissario interpretato da Lando Buzzanca, che ammicca periodicamente con l'ex fidanzata. O il caso della canzonetta presentata a Sanremo: “Luca era gay”, che tanta polemica ha suscitato, nella quale il tema era la guarigione di Luca. A questo proposito posso solo dire che un gay non guarirà mai, perché non è malato. Le eccellenze in molti settori del lavoro, dell'arte, della letteratura della moda, della cosmesi e molto altro, le troviamo in gran parte fra queste creature di Dio con la sola colpa di essere diversi. Carlo Pignatelli, noto sarto e creatore di moda, ad una mia domanda nella quale gli domandavo una sua opinione sui gay nella moda, mi ha detto che in quel settore “essere gay è un valore aggiunto”. Potrei andare avanti per molto ancora raccontando mille storie vere e vissute, con un denominatore comune: la sofferenza di essere. Persino la Santa Chiesa, per voce dei suoi ministri, non perde occasione di scagliarsi verso il mondo gay, qualche volta a ragione soprattutto quando si riferisce a manifestazioni piuttosto folkloristiche che di questo mondo danno una visione sopra le righe (vedi Gay Pride con i suoi esagerati travestimenti), e qualche volta a torto dimenticando l’assunto cristologico che chi è senza peccato scagli la prima pietra. |
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