UNA COMUNITA': "RAGGIO DI SOLE", UN GIOVANE, FRANCESCO, CHE HA TROVATO ASCOLTO
HO VISSUTO SU UNA SPIAGGIA PER 10 ANNI di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" “Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e o faccio quieto!
Il guaio è per voi che la viveteagiatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia”. Luigi Pirandello “SCORGO SU UNA DUNA una massa informe, scura, anche se il sole splende e infiamma la spiaggia di Porto Empedocle (Ag). La vedo muoversi impercettibilmente, da sembrare un effetto ottico. Mi avvicino incuriosito: no! Non può essere una persona abbigliata così pesantemente, con questo caldo, invece si è proprio una persona”. Iniziò così la mia scoperta dell’esistenza di Francesco: ricordo che era una delle mattine in cui affrontavo un lungo tratto sulla spiaggia che da Punta Grande conduce a Porto Empedocle, per la mia consueta passeggiata di oltre 8 chilometri fra andata e ritorno. Non distinguevo se si trattasse di un uomo o una donna, né l’età perché il suo corpo era completamente coperto da pesanti indumenti laceri e sporchi. Il viso era occultato da un brandello di sacco di iuta. Rimaneva immobile per poi all’improvviso, lentamente come bradipo si avviava verso il mare immergersi nell’acqua e sostarvi per lungo tempo. Ricordo che fui colto da una grande pietà frammista a curiosità di guardarlo in viso. Si fermava per ore immerso e immobile quasi a fondersi con l’acqua fino a sparire. Tutti i giorni, durante il periodo della mia vacanza mi recai nel solito luogo per vederlo e sperare invano di scorgere i tratti del suo volto. Le estati successive non cambiò nulla finché un giorno lo incrociai lungo la spiaggia, camminare spedito con il volto scoperto. Lo stupore fu grande quando mi accorsi che si trattava di un ragazzo, alto, apparentemente asciutto se non magrissimo. Coperto dagli stessi indumenti pesantissimi e luridi. Tornai repentinamente indietro e senza farmi scorgere lo fotografai alle spalle, accelerai il passo per fotografarlo in volto, ma si accorse del mio stratagemma e mi allontanò minaccioso: “a vò finiri o no”? Ricordo che mi scusai e lo vidi allontanarsi. Lo rividi molte altre volte per strada, anche d’inverno, scalzo con gli stessi abiti di sempre. Dopo qualche anno ritornai su quella spiaggia, ma non lo vidi più. M’informai e qualcuno mi disse che era entrato in una Comunità locale per un tentativo di recupero. Dopo qualche tempo, per caso, andai a salutare un cugino che gestisce un negozio di ottica in paese e lo vidi entrare, ben vestito, curato, capelli corti, abbronzato. Chiese di provare degli occhiali da sole, ne scelse uno e pregò mio cugino di metterlo da parte che lo avrebbe pagato e ritirato da lì a poco. Ovviamente bersagliai Totò (mio cugino) di domande e appresi dei progressi che aveva avuto nel suo inserimento tra la sua gente con l’ausilio della Comunità “Raggio di Sole”, nella quale abitava. Espressi il desiderio di parlargli tramite Totò. Il giorno dopo ricevetti la telefonata di mio cugino che mi annunciava il consenso di Francesco a essere intervistato. Esultai, ma si presentava il problema di scegliere il luogo più idoneo per l’incontro. Pensai subito di farlo nella sua Comunità, chiedendo il consenso al responsabile. Ottenuto un appuntamento con la sua terapeuta e responsabile, la d.ssa Rosano, mi presentai con 15 minuti di anticipo all’appuntamento. Fui accolto con gentilezza e disponibilità. Esposto il mio, progetto la d.ssa Rosano, iniziò a parlarmi dei progressi raggiunti da Francesco: “Gli abbiamo dedicato tanto tempo” mi disse, “Vuol dire soprattutto che questo risultato è stato possibile perché veramente c’è stato un lavoro in concertazione con tutti, con il CSM (centro di salute mentale) di riferimento, con gli operatori della struttura. Per agganciarlo gli abbiamo fatto un ricovero coatto. È stato ospitato in un’altra Comunità a Favara, ma non riuscì a integrarsi. Fortunatamente la d.ssa Passarello, titolare della struttura, qualche tempo prima lo aveva informato che esisteva la Comunità “Raggio di Sole” a Porto Empedocle. Francesco fuggì da Favara e di notte si presentò da noi. La sua fortuna è stata che riuscimmo a fargli comprendere che la sua ancora di salvezza sarebbe stata questa Comunità. Nella fase iniziale non voleva seguire la terapia farmacologica, dopo si è convinto che effettivamente questo farmaco lo faceva star bene e che poteva esser l’inizio di una nuova vita. In principio i colloqui di recupero sono stati giornalieri, oggi è sufficiente settimanalmente. Il contatto con la realtà è stato molto complesso, ma oggi riteniamo che Francesco abbia delle grandi potenzialità. Ha voluto iscriversi a scuola, ha preso la patente di guida. Oggi è un ragazzo completamente autonomo. Fra un po’ andrà a trovare la madre. Abbiamo molta fiducia ritenendolo assolutamente affidabile”. In quel preciso istante toc toc alla porta, era Francesco. Dopo le presentazioni chiesi se era disposto a rispondere alle mie domande alla presenza della Responsabile o a quattr’occhi: Francesco: “Preferisco andare di la”. La camera attigua era adibita a salotto, ci accomodammo cominciando subito parlare: - Come hai ascoltato, ti ho osservato da quando vivevi sulla spiaggia. “Ho vissuto sulla spiaggia per dieci anni”. - Parlami di te, chi sei? “Sono un ragazzo vissuto in questo territorio. Ho avuto un’infanzia molto “vispa”. Ho avuto diverse esperienze significative. Dal 1995 in poi, per motivi familiari, legati alla legge sono stato a Bologna”. - Che cosa vuol dire “legati alla legge”? “In pratica mio padre aveva avuto problemi con la giustizia a causa di alcuni “mercenari” che contrabbandavano droghe, che l’avevano avvicinato. Lui lavorava con il suo peschereccio e lo sfruttavano. Gli facevano fare viaggi in Marocco…. Alla fine risultò lui colpevole, perché era l’anello debole del gruppo. Era infine, colui che gestiva la cosa. Se non fosse stato per lui, questa merce non sarebbe arrivata in porto. Non è mai stato colto in flagrante, però, in base alle indagini l’hanno scoperto e decise di collaborare. Per cui, tutti noi, la famiglia, abbiamo seguito un programma di protezione. Ci hanno portato a Bologna sotto altra identità”. - Tu eri quindi in famiglia quando è successo tutto questo? “Si! Ed ero minorenne” - Perché decidesti di staccarti dalla famiglia? “Compiuti i 18 anni, ho preferito prendere la mia strada. Le prospettive erano poche. Il lavoro scarseggiava”. - I tuoi genitori si separarono? “Si dopo il primo anno decisero di separarsi. Noi figli siamo stati affidati alla mamma”. -Dove vive? “A Campobasso”. - Hai quindi deciso dopo i 18 anni di allontanarti dalla famiglia e di fare una vita indipendente anche se il percorso si prospettava difficile? “Si! Infatti, le dirò che a causa di questo fatto all’inizio sono stato messo per la strada senza documenti, senza identità. Non sapevo a chi appellarmi, non sapevo più il mio vero nome, perché non ero stato integrato nei servizi. Ero ignaro di ogni cosa. Non sapevo neanche, dove andare per chiedere la carta d’identità. Non l’avevo mai fatto. Mi ricordo però, che mi recai a Bologna con il treno, senza soldi. Lì mi feci aiutare da mio cognato, perché mia sorella a Bologna aveva trovato un compagno, era rimasta incinta, si era sposata e aveva avuto una bambina. Nei primi periodi mi aiutarono loro, poi recuperai lo scooter che avevo lasciato da mio padre, che si era trasferito a Ravenna e cominciai a lavorare come “pony express”. Lavorai anche come muratore, imparai in pochi mesi a montare ascensori. Ricordo che il capo si era molto affezionato a me, ma a causa del trasferimento di mio padre ho dovuto mollare. Sai? Sono anche stato in Spagna, a Valencia. Sono andato in bici e con il treno. Ha presente la bici con i borsoni? Nel 2003, avevo appena 23 anni, ho avuto qualche problema: mi è caduto un dente a causa dello smog, perchè quello non era il mio “ habitat”, mi mancava l’aria che respiriamo nella nostra terra. Penso sarebbe stata necessaria un’integrazione differente. Un impatto ambientale che mi ha causato delle conseguenze”. - Ti sentivi a disagio? “Non mi trovavo certo a Courmayeur”. - Quando hai deciso di tornare? “Circa 12 anni fa. Nel 2003 sono sceso ad Agrigento, all’avventura. Ho detto: qui mi è andata male. Nella grande città, combinato in questa maniera. Pensai: qui non riesco a trovare feeling con le persone, e sono tornato. Qui, a Porto Empedocle dove sono cresciuto, avevo parenti, tutti i fratelli di mio padre. Solo che mio padre ai tempi era ancora in galera. Mi ricordo che era l’aprile del 2003 e tornai con la mia bicicletta con i borsoni. Cercai di arrangiarmi per trovare da mangiare, tipo andare in via Gioieni ad Agrigento, dove c’è una struttura nella quale volontari distribuiscono pasti caldi. Non sono andato dai parenti a chiedere perché più di una volta mi ero appellato a loro e mi avevano negato il loro aiuto. In paese trovavo spesso da mangiare. Mio zio 5 euro me li dava sempre. 5 euro qua, 5 euro la e facevo la giornata. Compravo qualcosa al supermercato e tiravo avanti”. -Quando decidesti di isolarti e di vivere in un mondo tutto tuo? “La verità è che mio padre a novembre finì il periodo di detenzione, quindi mi trovò in paese con i capelli lunghi. Ricordo che si arrabbiò molto e mi portò dal barbiere per tagliarmi i capelli. Cercò di portarmi a casa di mia zia, ma con i problemi che avevo avuto, sentivo il bisogno del contatto diretto con la natura, perché avevo bisogno di quello che negli anni mi era venuto a mancare”. - Quando dici: “Quello che avevo avuto” a cosa ti riferisci? “L’unica cosa era il dente davanti che mi era caduto. È assurdo, a 23 anni. Posso capire a 40 anni, ma a 23 anni no. Ero pure vegetariano, com’è possibile che mi sia potuta accader una cosa del genere? Così tornai a vivere all’aperto. Mi allontanai da mio padre per questo motivo. Non volevo il suo aiuto perché mi danneggiava solamente. Non era quello che io volevo. Avevo bisogno di altro: di stare in contatto della natura perché ero sudicio, sporco di smog nella pelle, dovevo purificarmi. Sono così trascorsi 10 anni. Sono volati”. -Per 10 anni in estate e inverno hai vissuto all’aperto, da solo? “Si!” - Io ti vedevo, in spiaggia, sulle dune. “Ho cambiato diverse spiagge, un anno mi sono accampato a Punta Grande”. - Poi cos’ è successo, sei stato contattato o sei stato tu a chiedere aiuto? “La verità che le dico è che vivevo le mie giornate con tranquillità, non avevo problemi, perché riuscivo a procurarmi anche fino a 50 euro al giorno”. - Come facevi, li chiedevi? “Si! Mi conoscevano tutti, non avevo questo tipo di problema. È successo che un bel giorno andai a Porto Empedocle a prendere pezzi di tavola calda che restavano a una signora che aveva una pizzeria. Ogni sera andavo, prendevo il mio sacchettino e andavo, tant’è che questa signora, non so, si è incuriosita, finché mi disse: “Senti Francesco, ma tu come stai, non vorresti essere aiutato”? Ed io: in che modo? “C’è una persona che conosco che potrebbe darti una mano e sbrogliarti da questa situazione. Tu che vivi senza niente, se vuoi mi metto in contatto e parliamo? Accettai! Mi diede un appuntamento. Ci siamo visti con questa persona che già avevo conosciuto in Comune, che ogni tanto mi dava un sussidio. Era l’assistente sociale Marcella. Mi portarono vicino ai semafori, dove c’è il CSM, li hanno parlato con il signor Contino. Non mi fece nessuna domanda. “Che cosa possiamo fare per questo ragazzo”? Disse la signora Marcella. Fargli avere una pensione…A quel punto il signor Contino mi fece compilare un modulo. Dopo 18 mesi ottenni la pensione. Ho avuto gli arretrati, che ho consegnato a mio zio per custodirli”. -È il tuo tutore? “No, si è fatto avanti per custodirmi questi soldi, infatti, quando ho bisogno di comprare qualcosa mi da 50, 100 euro. Mio zio sta bene, possiede 2 motopescherecci, una villa con piscina, tre figli, non ha bisogno dei miei pochi spiccioli”. -Che progetti hai per il futuro? “Francamente sto studiando, cerco di conseguire il diploma di ragioniere in un corso serale, procuratomi dagli stessi che mi hanno aiutato a prendere la licenza media”. - Dopo il diploma hai un progetto di vita? “Penso di trovare una donna con cui dividere la mia vita. Avere una famiglia come tutti. Io oggi, non ho capitale economico disponibile per potermi permettere di frequentare una donna. Magari nel futuro, avendo un lavoro, si potrebbe cominciare un approccio, perchè con 290 euro al mese, non posso mantenere una famiglia. Devo recuperare quello che ho perso nell’età dello sviluppo”. Voglia il lettore, tollerare qualche imprecisione nell’esposizione dell’intervistato poiché ho ritenuto pubblicare integralmente il risultato del dialogo. |
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