INERVISTA AL GIUDICE ANTIMAFIA
DOTTOR NICOLA GRATTERI di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" “La politica non ha alcuna volontà di combattere la mafia. Anche in parlamento ci sono persone colluse e in mala fede, che scientificamente non fanno andare avanti quelle modifiche normative che consentirebbero di lottare davvero contro la criminalità”. Parole come macigni pronunciate da Nicola Gratteri, giudice antimafia ed uno dei pochi eroi del nostro tempo, rimasto quasi solo a combattere la ndrangheta, nell'ambito di una recente trasmissione televisiva. Nicola Gratteri, vive sotto scorta assoluta da diversi anni: da quando divenuto magistrato, antepose la volontà di combattere i nemici della sua terra, alla scelta di una sede di lavoro più tranquilla. L'emozione che mi colse, quando sentita la sua voce al telefono, mi manifestò l'intenzione di sottoporsi alle mie domande, è stata pari al grande spirito di parte che ci coinvolge quando leggendo i libri di storia, apprendiamo la vittoria dei giusti sui campi di battaglia. Signor Giudice, il suo impegno che ha anteposto anche alla sua vita, come nasce? Sono cresciuto in una zona ad alta densità mafiosa. Ho avuto compagni di scuola che poi sono stati ammazzati, altri che invece sono finiti in galera. Per alcuni di loro, sono stato proprio io a chiederne la condanna. Ma sono soprattutto cresciuto in una famiglia dove i valori contavano più di ogni altra cosa. Ricordo gli insegnamenti dei miei genitori, la loro parsimonia, la loro semplicità, ma soprattutto il loro amore per le cose semplici. Dopo la laurea, ho deciso di affrontare il concorso in magistratura. Volevo fare qualcosa per la mia terra. E quando sono diventato magistrato, piuttosto che scegliere sedi più tranquille, ho preferito restare a Locri, dove sono cresciuto e dove ho studiato. Non c’è niente di più bello della terra in cui si è nati, soprattutto quando uno pensa di poter fare qualcosa per migliorarla. Dopo aver ascoltato alcune sue interviste, dove ha espresso la sua criticità sulla scarsa volontà dei Governi di colpire veramente la malavita organizzata, le chiedo se ne conosce i percorsi per farlo? Se ancora parliamo di mafie, è perché nessuno finora le ha combattute seriamente, sul piano normativo. La lotta alle mafie è sempre stata condizionata dall’emozione suscitata da fatti eclatanti, come stragi e omicidi eccellenti. Io conosco solo un modo per combattere le mafie. E cioè quello di renderle sconvenienti. Chi entra a far parte di un’organizzazione mafiosa, deve tenere in conto la possibilità, se condannato, di restare in carcere per un periodo abbastanza lungo, tale da farlo riflettere, ma soprattutto da fare riflettere chi tende a seguirne le orme. È, pertanto, fondamentale, introdurre un sistema di certezze. Il mafioso, spesso in alcune zone del nostro Paese, controlla anche il battito cardiaco della gente. Ha un ruolo importante, spesso decide le sorti politico-amministrative di un paese. Il reato di associazione mafiosa dovrebbe essere equiparato al traffico di droga e dovrebbe prevedere una pena altrettanto pesante. È inoltre importante aggredire i patrimoni mafiosi, attraverso il sequestro e la confisca dei beni illegalmente conseguiti. Questa è la cura immediata. Per il lungo periodo ritengo importante investire di più nella scuola e nella ricerca. Bisogna affrancare la gente dai bisogni, ma soprattutto è opportuno capire che le mafie sono un fenomeno culturale del tutto reversibile e per sconfiggere le quali c’è bisogno del contributo di tutti. Non crede che pubblicare questi libri, che illustrano spesso la psicologia di questo fenomeno, possano esaltare la malavita i cui componenti, notoriamente hanno una visione ribaltata della stessa? I libri che ho scritto assieme ad Antonio Nicaso vanno nella direzione opposta. L’idea è quella di smitizzare il potere mafioso, il grande inganno. Anche nelle mafie ci sono le corsie preferenziali. Le ricchezze sono concentrate in poche mani. Il resto dell’universo mafioso vive una vita di grandi stress e di continui pericoli. Falcone disse sostanzialmente: “ la malavita è un fatto umano per cui si può sgominare” , per lei è cosi? È un concetto che ho già espresso. Falcone sosteneva che la mafia è un fenomeno umano che ha avuto un inizio e avrà una fine. Concordo, ma le mafie non scompariranno per invecchiamento delle cellule. Per sconfiggerle c’è bisogno del contributo di tutti, ma soprattutto della ricchezza della società civile. Dovremo essere noi a farle morire, non moriranno certo da sole. Ha molti amici? Quelli che bastano. Non mi sento solo, so di avere accanto tante persone che la pensano come me e che mi sostengono in tutto quello che faccio. Non vado però a caccia di consensi per cambiare vita. Io faccio il magistrato e spero di continuare a farlo ancora per molto. Le è stato mai sconsigliato di rinunciare a qualcuna delle sue forti iniziative? No, non mi è mai capitato. E poi non parlo mai delle mie inchieste con persone che potrebbero sconsigliarmene la prosecuzione. Non perseguo individui, ma reati. Se potesse fare un passo indietro, rifaserebbe tutto quello che ha fatto? Non cambierei di una virgola la mia vita e rifarei tutto ciò che ho fatto. Non ho nulla da rimproverarmi. Se ho sbagliato qualcosa, l’ho fatto in buona fede. Ma ho sempre lavorato con l’idea di cercare la verità processuale, senza pregiudizi e senza preconcetti. Per cosa vorrebbe essere ricordato? Per uno che ha sempre lavorato con coerenza e che ha fatto il proprio dovere. Povera quella terra che ha bisogno di eroi, rammentava Brecht. Penso che nel nostro Paese ci sia bisogno di normalità, di gente che faccia quotidianamente il proprio dovere. Mi chiedo e credo tutti ci chiediamo: ma veramente un uomo così che per amore della giustizia e per salvaguardare la sua gente dal giogo mafioso, che sceglie di vivere la sua esistenza al totale servizio di un giusto Stato, facendo spesso le veci di chi per dovere istituzionale dovrebbe farsi carico del grande peso che grava sulla sua persona, debba lottare con quelle stesse istituzioni che difende? |
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