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INTERVISTA A DON MAZZI
di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" Reverendo lei nasce a Verona…. Sono diventato prete per sbaglio. Pensavo ad altre strade più adatte al mio carattere, come la laurea in lettere, l’accademia musicale e lo sport. L’infanzia e l’adolescenza vissute sul filo della devianza, non offrivano certo garanzie per una dignitosa vocazione ecclesiastica. A 22 anni, però, un disegno molto più grande della mia capoccia, mi ha fatto piombare nel pieno dell’alluvione del Po. Ero, allora, educatore alla Città dei Ragazzi di Ferrara. Assieme ai vigili del fuoco , sui barconi traballanti, tra l’urlo sordo e minaccioso delle acque, sono andato a salvare la gente disperata sui tetti delle case. Quella notte ha cambiato profondamente la mia vita. Guardandomi in faccia ho pensato che un giovane a rischio com’ero, poteva salvarsi solo cercando la salvezza altrui. E così divenni prete. La domanda compressa di paternità che mi tenevo dentro, ha fatto quello che nessun altra fede avrebbe potuto fare. Da allora ho consumato i miei anni vivendo felicemente tra gli emarginati: da Primavalle a Roma al Parco Lambro a Milano. A Milano sono arrivato nel settembre del 1979 per dirigere l’Opera don Calabria di via Pusiano proprio a ridosso del Parco Lambro. Dalle mie finestre si vedeva di tutto: gente che si drogava, moriva o comunque finiva in overdose. Il parco era, a quell’epoca, un efficiente mercato della droga frequentato da gente che veniva da tutta Europa. E dal desiderio di dare una risposta valida a questa gioventù disperata che è nato Exodus e da Milano non me ne sono più andato. Essere spesso in televisione…. Riguardo la mia presenza in televisione ritengo di aver scelto una strada molto difficile e molto criticata. Ho scelto di entrare nei programmi che ci sono, soprattutto nei programmi popolari, e poi, piano piano, arricchirli di valori, esperienze, testimonianze “nostre”. Convinto che una mela buona, prima o poi sana anche le mele marce. La televisione è così deleteria e così tiranneggiante, perché noi, l’abbiamo collocata tra le divinità da adorare, invece che tra le cose utili alle quali ricorrere nei tempi e nei modi programmati. Le guerre sante sono sempre finite male. Soprattutto non fanno parte della radicalità evangelica. La televisione e tutti i mezzi di comunicazione possono trasformarsi in preziosi diffusori della buona novella. Ieri, erano i pulpiti, le piazze, i conventi, le biblioteche, i luoghi della comunicazione. Oggi, ci sono le radio, le televisioni. La Fondazione Exodus di cui lei è presidente…. Quella di Exodus è una pedagogia semplice ma non per questo meno impegnativa. Si basa su quelle che io chiamo “le quattro ruote”: lo sport che aiuta il giovane a guardarsi in faccia, ad osare, a chiedersi cose facili e cose difficili, ne rinforza il carattere; il teatro e la musica aiutano a parlare con immediatezza a se stessi e alla gente, facilitano la socializzazione, promuovono l’accettazione di sè, stimolano un metodo; il lavoro richiama alla necessità che ciascuno provveda al proprio mantenimento, è anche riparazione dei danni arrecati; il volontariato permette di confrontarsi con situazioni di disagio e aiuta a riscoprire il senso del gratuito. A proposito di don Gelmini… Non mi pento di essere intervenuto nella querelle “Don Gelmini” anche se mi sono sentito vigliaccamente usato come strumento per sentenze anticipate. Sbattere mostri, anticipare processi, fabbricare scoop, non sono le vie migliori per ricomporre democrazia, giustizia e verità. Migliaia di giovani e di famiglie non devono essere lasciate nello sconcerto. Abbiamo almeno rispetto del dolore sconfinato che si portano dentro. Se la sentirebbe di aprire una mega comunità… La Campania è una terra stupenda e io credo abbia bisogno, più che di una mega comunità, di un lavoro capillare sul territorio a favore dei giovani. È necessario rendere ambiti di vita significativi la famiglia, la scuola, il mondo del lavoro, gli organismi educativi e di socializzazione. Creiamo spazi dove i giovani possano stare insieme, primo tra questi la scuola, istituiamo insieme a loro nuovi centri di incontro aperti, dove coinvolgere quelli più isolati. Valorizziamo le aggregazioni spontanee, attiviamo iniziative significative rivolte all’utilizzo del tempo libero, della musica e dello sport, favoriamo interscambi, gemellaggi e mobilità giovanile. Suggerimenti a tutti i giovani del sud Italia? Ecco un piccolo decalogo che penso possa far bene a tutti i giovani, non solo del Sud, ma di tutto il mondo. Siate allegri: cantate, suonate, giocate. Fissatevi degli obiettivi importanti, come l’onestà, la giustizia, la fede, la nonviolenza. Fate di tutto per crescere interiormente. Ascoltate i vostri educatori, (a voi dico: ascoltate i vostri genitori). Per le scelte importanti consigliatevi sempre con loro. Studiate con impegno. La scuola e la cultura vi insegnano molte cose. Meravigliatevi con qualcosa di strano, almeno due volte al mese (ripescate la fantasia e la creatività). Cercate sempre la parte migliore che nascondete dentro di voi. Usate la volontà. Senza forza di carattere e pazienza non si matura e non si diventa grandi. Rispettatevi. Non abusate mai degli altri. L’amicizia è una dolce compagna della vostra adolescenza. Fatevi amici veri. Ricordatevi del proverbio “chi trova un amico trova un tesoro”. Imparate bene una professione, non solo per lo stipendio. Vi farà sentire persone e vi offrirà una posizione dignitosa. |
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