VOX POPULI
di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" “SONO UN GIORNALISTA!” AH AH AH AH “Disapprovo quel che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto a dirlo” Voltaire. La prova provata che la libertà di stampa, nel nostro Paese, non esiste sta anche nel fatto che, noi giornalisti mal pagati, criticati, spesso arrestati o denunciati per risarcire lese maestà, prima di poter espletare la nostra professione, che è quella di informare, siamo intimiditi anche da noi stessi, continuamente minacciati da quello che accade ogni giorno a quel malcapitato che osa informare sulle malefatte dei politici e schiavi da regole deontologiche vecchie e ammuffite. Mi chiedo: a che serve intraprendere la professione di giornalista se poi il nostro dire è sottoposto a lenti d’ingrandimento prima dall’editore, dal direttore, quindi dal protagonista della notizia e per finire dall’ordine dei giornalisti e dal giudice di turno che infliggerà la pena nel caso di verità scottanti? Nel ventennio e subito dopo per molto ancora, si chiamava censura. Oggi, se nomini il termine censura, si scandalizzano tutti:“ ma cosa dici? La censura in Italia non c’è più da tanto tempo”. Le dittature utilizzavano la censura per imbavagliare la stampa. Ipocriti! La censura esiste ancora. Si chiama in altro modo, ma le pene inflitte sono identiche. Certo, le offese infondate ad oltranza devono essere impedite, ma la tutela dei giornalisti dovrebbe essere affidata all’Ordine cui ben pochi compiti gli sono stati affidati e che sinceramente se i suoi iscritti avessero la consapevolezza della tutela a tutto tondo, la professione potrebbe essere più solidale e più libera. Il sindacato dei giornalisti, che in passato abbiamo visto ben forte e battagliero, nel colpire qualche giornalista scomodo, oggi, che nel mirino della magistratura è finito qualche giornalista che nuota controcorrente, tace, anzi scompare. Sembra non esistere. Della libertà di stampa si parla da diversi decenni con promesse di leggi ad hoc ma nulla di concreto è stato fatto. Con il passare del tempo abbiamo anche capito il perché: la malafede con cui è stato affrontato il problema da parte dei governi che si sono succeduti negli anni, è palese. Immaginate cosa accadrebbe ai nostri politici, se fosse applicata la libertà di pensiero: sarebbero costretti a ben agire nel loro ruolo che oltre a quello di ben governare nell’interesse del Paese è anche quello di non appropriarsi del denaro pubblico, di non usufruire di voti di scambio per essere eletti, di agire nell’unico interesse della comunità e non dei propri familiari e amici stretti. Considerate le qualità che hanno mostrato, otterrebbero due voti: il proprio e forse quello della loro madre. Certo se penso all’interventismo del nostro rivoluzionario Presidente, quando si è trattato di relegare in una cantina del Parlamento tutti i politici, ahi loro, ha usato molta vasellina e molto peperoncino, invece, per nominare un esecutivo che di vasellina non ne usa, mentre per mettere fine con la sua grande autorevolezza alle ruberie di massa da parte dei politici, imponendo dimissioni di massa, non fa nulla. Per far comprendere alla gente come vive un giornalista, la sua professione e la sua vita vi racconto quello che mi è accaduto un giorno fa: ho interpellato un falegname per un lavoro di ripristino nella mia abitazione e parlando del più e del meno mi chiese che mestiere io facessi. Dissi: “Sono giornalista”. Una sonora risata seguì la mia risposta. Gli chiesi tra l’offeso e lo stizzito: “Perché ridi, non ho detto che sono un comico”? E lui scusandosi: “No, perché i giornalisti sono tutti di parte e scrivono quello che fa comodo a questo o a quello purché siano pagati” aggiungendo, “è il mestiere più bello del mondo, ma nessuno lo fa veramente per informare, ma per ben altro”. Questo lo pensa la gente e ha ragione a pensarlo dopo tutto quello che si sente ogni giorno. |
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