L'INCHIESTA
di Renato Catania La medicina cinese: intervista alla d.ssa Traina dell’ASL di MI2 SENZA EFFETTI COLLATERALI PER NOI OCCIDENTALI la Cina è ancora tutta da scoprire, anche se in questi ultimi anni si deve ammettere che questo sconfinato paese, ha lasciato aperto uno spiraglio all'Occidente, lasciando entrare ed uscire piccole quantità di informazioni che stanno consentendo una graduale conoscenza di questo misterioso popolo. È sotto gli occhi di tutti la capillare distribuzione in tutti i campi merceologici di prodotti cinesi molto spesso fuori dalle norme di sicurezza per la scarsa qualità dei tessuti, per la tossicità dei colori usati. A questo proposito molto è stato detto ed ancor più ci sarebbe ancora da dire, ma è davvero tutto così negativo? Non esiste una parte di questa millenaria cultura da cui possiamo trarre beneficio ed insegnamento? Affrontando questa problematica ho voluto cercare qualcuno che potesse testimoniare su un argomento molto concreto a cui prima o poi tutti ci avvicineremo: “La medicina e la farmacologia cinese”, riferita a cure efficaci, alternative o complementari, così come ci spiega in questa intervista la d.ssa Cettina Traina, cardiologa presso il poliambulatorio ASL Mi2 di San Donato Milanese. C'è da ricordare che la d.ssa Traina è inserita in un contesto d’eccellenza al quale collabora per la sua parte affinché la sanità lombarda possa continuare ad essere punto di riferimento e guida nel nostro Paese, sperando nel coinvolgimento di tutte le regioni d'Italia. Mi riceve nel studio arredato in modo “spartano” dove poco appare della sua grande passione, se non il suo aspetto ed i suoi modi pacati e rassicuranti. - Chi è la dottoressa Traina? “Laureata in medicina e chirurgia all'Università di Pisa con il massimo dei voti a 24 anni, nell’83 ha conseguito specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare occupandosi prevalen-temente di metodiche non invasive, soprattutto “eco-cardiogramma ed holter”. - Come e quando nasce in lei l'interesse per la medicina cinese? “Ho cominciato a studiare medicina cinese nei primi anni ‘90. Ho un ricordo ben chiaro: un giorno trovai per caso un piccolo libro edito da Laterza dal titolo “medicina cinese e medicina totale”. Lo lessi e non ci capii niente, però quello che m’è rimasto chiaramente impresso fu il tono arrogante con cui l'autore sosteneva che con i suoi aghi e le sue metodiche, sostanzialmente con le mani, ecc. era in grado di fare una diagnosi e disporre una terapia laddove io, per arrivare alla stessa conclusione, avrei dovuto invece fare eco-cardiogramma, holter e prova da sforzo. In più asseriva d’essere in grado d’aiutare il paziente attraverso l'uso di aghi. Non era tanto la metodica in sé che mi turbava, ma il tono di estrema sicurezza. Tutto ciò è veramente desueto. Noi in genere scriviamo libri e trattati, ma in modo assolutamente meno passionale. Incuriosita, sono stata indotta a cercare qualche altro buon motivo per approfondire l'argomento. A Milano esisteva già una scuola che avviasse allo studio dell'agopuntura, la frequentai e dopo tre anni conseguii il diploma in agopuntura”. - La sua specializzazione in cardiologia è attinente alla scelta di utilizzare farmaci alternativi secondo la millenaria medicina cinese?“Ritengo che lo studio di questo altro tipo di medicina, mi abbia consentito di aumentare notevolmente le mie esperienze nella medicina occidentale. Indubbiamente non alternativo ma come valore aggiunto”. - Qual è la differenza fra la medicina occidentale e quella cinese? “La medicina occidentale è fondata sull'anatomia, ed il concetto di malattia si basa sull'alterazione anatomica. La medicina cinese è fondata sulla funzione e sull'equilibrio dell'intero organismo. Il concetto di malattia corrisponde all'alterazione funzionale non anatomica. Il mio approccio, attualmente, riflette l'esercizio di tanti anni di lavoro in entrambi i campi. Oggi non faccio distinzione quando esamino un paziente, l'approccio è globale sia dal punto di vista della medicina cinese che occidentale. La cosa straordinaria è che l' approccio è coerente, sia di diagnosi che di terapia e credo che ciò mi consenta di migliorare anche l'accettabilità della terapia cardiologica occidentale al paziente, sia perché capisco meglio quali possano essere gli effetti collaterali, sia perché si può supportare il paziente in maniera diversa, provare a dare un minore dosaggio, cercare di far sì che la terapia spesso pesante, che noi a volte proponiamo, possa essere meglio supportata. Questo per dire che se l'obiettivo per noi medici è quello di curare al meglio i pazienti ponendo l'attenzione nel miglior risultato possibile con meno effetti collaterali, ritengo che una delle strade percorribili sia proprio questa”. L'intervista, continua, nel prossimo numero con le rivelazione di grande sostanza che possano mettere il lettore nelle condizioni di ben valutare il senso nell'insieme. Renato Catania |
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