VOX POPULI
di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" L’EQUILIBRIO STRATEGICO DI NICOLA MANCINO Se la magistratura italiana, che per “Costituzione” ha la prerogativa dell'autogoverno, avesse all'interno dei suoi ranghi, dirigenti, oltre ovviamente al Capo dello Stato, che ne è il Presidente, capaci di esercitare una forte “leadership”, le varie fratture che sempre più frequenti contrappongono i capi di Governo con il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), avrebbero risvolti costruttivi e mai irrispettosi, al limite dell'oltraggio. Noi popolo osservatore e vittima di profondo disagio, in questi anni, siamo stati costretti ad assistere a duelli “all'ultimo sangue”, proprio con i soggetti sopra menzionati. Tanto per cominciare quando si è detentori di un potere, al servizio dei cittadini, questo, non deve mai essere considerato un dono di Dio, ma un servizio, che va meritato, conquistato e mantenuto. Il compito dei giudici, se affrontato con coscienza, dovrebbe essere eguagliato ad una punizione, perché chi lo esercita è chiamato a decidere sulla vita e sulla morte dei suoi simili, oltre che sul destino della Storia. L'essere giudici, non vuol dire una comoda poltrona contornata da privilegi, agiatezza, potere ed altro. Vuole sopratutto dire grande responsabilità. Giovanna d'Arco fu bruciata sul rogo per l'arroganza, la prepotenza e “l'overdose” di potere dei giudici. Galileo Galilei perseguitato solo per le sue idee, che non corrispondevano a quelle di giudici potenti, Giordano Bruno, idem. L'elenco sarebbe infinito. Se solo i detentori di questa grande responsabilità volgessero lo sguardo indietro a guardare quello che la storia insegna, sarebbe ben diverso il percorso della vita. Questo per dire che oggi anche se un galantuomo, così come viene chiamato da quelli che ben lo conoscono, siede alla vicepresidenza del CSM, non basta a tenere dritta la barra del timone. Nicola Mancino, che dal meridione ha saputo ben cogliere la signorilità, non ha potuto mai far sua l'ultima parola nel governo del ruolo che è stato chiamato a ricoprire sin dal 2006. Eletto per la prima volta senatore nel 1976 in quella Democrazia Cristiana già radicata, con le sue correnti, i suoi poteri, le sue coalizioni opportunistiche ed i suoi uomini, molti dei quali ancor oggi, sfidando i limiti della natura comandano la politica italiana, non dalle case di riposo, ma dal Senato e dal Parlamento Italiano. Nicola Mancino ha ricoperto incarichi di Governo molto importanti: da Ministro dell'Interno dal ‘92 al ‘94. Presidente del Senato della Repubblica e ben altro. Rimane indenne dal ciclone “tangentopoli” sicuramente a causa del suo equilibrio politico che per i non addetti ai lavori si traduce in un passo indietro ed uno in avanti per scansare le grane politiche “pro tempore”. Non ha mai avuto grande simpatia per Berlusconi, tant'è che nel 1994 con l'avvento del Cavaliere ne prende le distanze rimanendo in equilibrio strategico. Questo suo modo di far politica gli consente appunto di essere eletto il 1° agosto 2006 vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, risultando gradito al suo schieramento, in quanto non prevaricatore e “meno peggio” per lo schieramento opposto, in quanto non aggressivo e come canna al vento che si piega al suo passare. Questo però non paga per il fine importantissimo del ruolo che ricopre. Il suo timore nel prendere decisioni definitive, lo rende poco utile e per salvare il suo equilibrio può pregiudicare quello dei poteri dello Stato.
|
Home
|