Tratto dal periodico "Lo Strillo"
L'Unione Europea fra Strasburgo e Bruxelles Provare per credere di Renato Catania SI SONO concluse le settime elezioni del Parlamento Europeo, che si svolgono ogni 5 anni. Se chiediamo alla gente di strada cos’è l’Unione Europea, quei pochi che rispondono si limitano a farfugliare pochi concetti in linea di massima errati. Il motivo non è certo da addebitare ai cittadini, ma alla scarsa informazione ad alla incapacità dei politici e dei loro tecnici di creare i presupposti per suscitare interesse ed affezione. Da appassionati dell’informazione e da convinti europeisti, da oggi proveremo a spiegare cosa vuol dire Unione Europea, quello che fa e quello che vorremmo facesse per unire sotto un’ unico vessillo gli Stati Uniti d’Europa. La prima domanda a cui vogliamo dare una risposta è: Quali Stati hanno aderito all’Unione Europea? Prima di elencarli, però bisogna sapere che per essere accolti in Europa, occorre avere requisiti che formino denominatore comune con quei principi fondamentali di civiltà, pluralità, eguaglianza e democrazia che rendano affini i popoli omogeneizzandosi fra loro: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. Molti altri bussano alle porte dell’Europa, ma i giusti rigidi criteri dovranno essere sempre a garanzia di Democrazia assoluta. Certo molti passi avanti sono stati fatti da quando il 1° gennaio 1958 ebbe inizio la grande avventura della Comunità economica europea (CEE), con i trattati di Roma. I fondatori ci mettono al primo posto seguiti da Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi. Molte fasi da allora si sono susseguite. Il percorso si presentò lungo sin dall’inizio, ma la forte volontà di continuare consentì nel 1992 con il Trattato di Maastricht di segnare la prima concreta pietra miliare dell’azione dell’Unione europea. Oggi l’argomento su cui mi voglio soffermare, rispetto alla realtà Europea, sembra uscire dalla logica del nostro ordinamento partitico. Il Parlamento europeo, viene eletto direttamente dai cittadini dei 27 paesi aderenti all’Unione, che chiamati alle urne, esprimono le loro preferenze democraticamente in rappresentanza di 492 milioni di abitanti. Nel nostro Paese, però, questo non basta. Per vedere il proprio partito politico con i propri candidati presenti all’interno del Parlamento occorre superare lo sbarramento del 4%, dopodiché, il proprio Partito o la coalizione politica che avrà superato tale limite dovrà essere accolto in uno dei gruppi politici già determinati, che possano identificarsi con le coalizioni elette. Di seguito per meglio capire questo meccanismo occorre che elenchi tali gruppi che già dal nome ci fanno capire quali delle nostre coalizioni politiche hanno accesso ad uno di questi gruppi e quanti sono i seggi previsti. Ovviamente dal numero dei seggi determinati si nota subito la forza dell’appartenenza: Ricordiamo che quando tutto iniziò i Paesi aderenti erano 6, mentre oggi siamo in 27 a cui in queste ultime elezioni sono stati attribuiti determinati numeri di seggi secondo criteri stabiliti dai Regolamenti Comunitari, fino a ricoprire i numeri di seggi sopra elencati attribuiti ad ogni Gruppo. L’Italia dispone di 72 seggi. Come ho detto prima il criterio di appartenenza ad un Gruppo politico è determinato dalle affinità con quel Gruppo, che praticamente ne determina la forza in numero di seggi. Considerato che in Italia le due coalizioni politiche più significative sono caratterizzate da Centro Destra e Centro Sinistra, che si identificano ciascuna in PDL e PD, per ciò che compete il PDL, è già collocato nel Gruppo del Partito popolare europeo, che detiene il numero più alto di seggi in seno al Parlamento europeo (dopo le elezioni del 6/7 giugno 2009, 267), al contrario il PD, che è frutto di nuova formazione politica e che nella sua costituzione ha deciso di allontanare tutte quelle piccole forze di sinistra, che non si identificavano con i loro obiettivi, ad oggi non ha nessuna collocazione in nessun Gruppo politico europeo, neppure il gruppo Socialista che dopo quello Popolare detiene il numero di seggi più alto (dopo le elezioni del 5 e 6 giugno 2009, 159), a causa di profonde divergenze createsi con la scissione delle Sinistre. Tutto questo ovviamente crea forte imbarazzo nel PD, ma anche nei suoi elettori. |
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