Pubblicato su STRUMENTI E MUSICA
MAMBO di Renato Catania “Il ritmo ha qualcosa di magico; ci fa perfino credere che il sublime ci appartenga” (Johann Wolfang Goethe). L’immortalità del ritmo e della musica che si tramandano nel tempo, da quando esiste l’uomo, è testimoniata dalla concentrazione d’idee che hanno creato tanti balli fin dai secoli scorsi, volti ad amalgamare le etnie, a diffondere attraverso la cultura del ballo le loro storie, le loro sofferenze per difendersi dalle persecuzioni ed oppressioni e per far conoscere meglio di qualsiasi strumento divulgativo, il proprio diritto a esistere. A questo concetto universale non si sottrae sicuramente il “Mambo”, che deve la sua origine dalla fantasia del cantante cubano Benny Morè, quando nel 1950, compose il brano “Locas por el Mambo”. Il testo della canzone indica chiaramente in Perez Prado, grande direttore d’orchestra messicano (dove cantava anche Benny Morè), l’ideatore di questo fortunato ritmo che ancora oggi fa parte a pieno titolo della storia musicale latina-americana. Considerata la sua fortunata affermazione, oltre che in tutti i paesi latini, anche in America, Perez Prado è stato considerato a pieno titolo l’inventore e il primo esecutore di questo straordinario ritmo, al contrario di altri musicisti dell’epoca che se ne proclamarono inventori. La popolarità di Prado valicò presto i confini della sua terra d’origine, in un periodo in cui molti dei grandi geni della musica latina si muovevano solo nel proprio territorio. Arsenio Rodriguez e i fratelli Lopez per anni si vantarono di essere stati i padri del Mambo. Il famoso musicologo Odilio Urfè, nato a Madruga (L’Avana), figlio d’arte e lui stesso direttore di orchestre da ballo nonché fondatore dell’Istituto ricerca folklore di Cuba, pur riconoscendo l’incerta etimologia della parola “mambo”, la riconduceva al dialetto congo, affermando che il ritmo era di origine africana. Arsenio Rodriguez, addirittura nel riferirsi a un ritmo di etnia congo chiamato “tambor de yuca”, cita un passo della canzone che dice tra l’altro: “Abre cute gùiri mambo”, che tradotto, significa “Apri bene le orecchie e ascolta quello che sto per dirti”. Arsenio Rodriguez spiega come unendo queste informazioni potesse venirne fuori qualcosa di diverso e nuovo. Il primo brano composto fu ”Yo soy Gangà” nel 1938 e nel 1943 “So caballo”. Perciò già prima del Mambo dell’orchestra di Perez Prado realizzato nel 1950, esso era ben noto sia cantato che ballato. Seguendo questi ragionamenti, non si potrà mai stabilire con esattezza il vero padre del mambo. Piuttosto, come nella vita chi cresce un bimbo e lo accompagna nella società può esserne considerato vero padre. Perez Prado tra gli anni ‘49 e ‘52, ebbe l’opportunità di partecipare a oltre 40 film, coronati da grande successo, il cui tema conduttore era proprio il Mambo e caratterizzati dalla tradizione del “Musical” che impazzava in America settentrionale. Il merito di un tale trionfo è da attribuire anche alla bellissima ballerina-attrice Amalia Aguilar che, con il ballerino Messicano Resortes e l’incomparabile orchestra Prado, portarono in America la febbre del mambo. L’evoluzione di questo ritmo, eseguito da orchestre Jazz attraverso la presenza di cinque trombe suonate all’unisono, rese molto raffinato e orecchiabile il mambo, ancor oggi conquista gli appassionati e non solo. L’indiscutibile assonanza del mambo con il “danzon”, ballo ufficiale cubano e adottato interamente dal Messico, consentì a Perez Prado di giocare con le note e gli strumenti: aggiungendo un pizzico di jazz alle sue composizioni e arrangiandole con batterie, trombe e saxofoni, creò musiche storiche come il Mambo n° 5, Mambo n° 8 e l’indimenticabile “Mambo que rico el mambo”, che eseguite al “Palladium” di New York, decretarono Perez Prado padre assoluto del Mambo. La sua orchestra attraversò ripetutamente il mondo raggiungendo il meritato successo dei grandi della musica mondiale. Cuba, officina di ritmi innovativi e trabordanti, non accettò il successo riscosso nel resto del mondo. Si sentiva quasi umiliata dal fatto che il ballo fosse stato adattato alle esigenze musicali occidentali dell’America e dell’Europa, da coreografi di professione che ben conoscevano le corde del successo. In Italia, il “fenomeno” Mambo, ebbe subito molto successo, quando Renato Carosone, nel 1955, incise la canzone “io mammeta e tu”. Nel 1956, Carla Boni, con la sua voce calda e ammiccante cantò “Mambo Italiano”, arrangiato dal maestro Cinico Angelini, dopo che l’autore, Bob Merril, gli cedette il diritto di adattarlo allo stile italiano. La versione però, che ebbe maggiori vendite fu di Rosemary Cooney, protagonista del Jazz bianco americano. Chi non ricorda la versione cantata e ballata da Sophia Loren nel 1954 nel film “Pane amore e…”? Il cantante italo americano Dean Martin ne fece un successo personale, cantandola in un italiano americanizzato e stravolgendone il testo originale. Il pezzo fu accolto con simpatia dagli emigrati italiani in America, tanto che ne fecero una sorta d’inno Nazionale. Oggetto d’insegnamento nelle scuole di ballo più esclusive del mondo, questo fortunato ballo ha contribuito alla diffusione culturale della sensibilità dei popoli latini.
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