VOX POPULI
di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" Maurizio Landini, quel che resta dei sindacati QUEL CHE RIMANE del ruolo dei Sindacati è davvero poca cosa. Del resto il parallelo con la politica è fatalmente sotto gli occhi di tutti. Lo dimostra che i leader che si sono succeduti, negli anni, hanno utilizzato la ribalta sindacale per essere proiettati, a fine mandato, verso una poltrona della politica. È noto che i sindacalisti che hanno saputo coagulare consensi, hanno svolto il loro “impegno” a tempo pieno. Ne consegue che di lavoro effettivo, in azienda, ne hanno fatto ben poco. Quando giungono finalmente in Parlamento, in Senato o in Europa, rimpinguano la schiera dei politici che nella loro vita hanno lavorato pochissimo o addirittura niente. Con ciò non intendo sminuire l’importanza del Sindacato come Istituzione, ma gestita così, il reale apporto benefico verso la Giustizia Sociale, nella sostanza, rimane scarso. Negli ultimi anni ne abbiamo visti di tutti i colori, per la maggior parte a svantaggio degli iscritti. La crisi economica, la politica insana, la corruzione, hanno determinato una deriva costante in chiusure di aziende, posti di lavoro persi in milioni di unità e molto altro. Abbiamo notato che tutti questi percorsi hanno avuto un denominatore comune caratterizzato da uno standard di comportamenti sindacali:
Crisi, contratti non rinnovati, salari statici, niente incentivi, niente straordinari, annunci di riduzione di personale. Conseguenza? La contrattazione sindacale. Riunioni fiume, promesse, dinieghi, proclami catastrofici. Infine l’accordo, che sempre penalizza i lavoratori, ma i nostri bravi sindacalisti sanno tanto bene indorare la pillola, che convincono i loro iscritti ad avere raggiunto quei risultati dando loro la sensazione di aver vinto. Non è mai così. In tutte le contrattazioni sindacali non vincono né i padroni, né gli operai, ma vince sempre il sindacato, perché è l’unico a sopravvivere a spese degli iscritti e dei padroni. Qualche volta si apprende pure, che molti sindacalisti fanno accordi sottobanco. Questo è lo stato dell’arte. Con questo preambolo voglio introdurre un personaggio che in questi ultimi tempi si sta facendo notare, non per altro se non per protagonismo: Maurizio Landini, nato nel 1961, dagli anni ‘80 fa il sindacalista a tempo pieno, diventando delegato sindacale della Fiom. Dice di essere stato convinto a impegnarsi a tempo pieno in quel ruolo. Non credo che abbiano insistito molto, visto che come dice, lavorava all’aperto e d’inverno faceva freddo. Quale culla più calda è quella di un sindacato che “lotta” per i diritti…? Dice di aver cominciato a lavorare a quindici anni, perche la famiglia non poteva mantenerlo agli studi. Quando Matteo Renzi, cominciò a cavalcare la tigre del grande dissenso degli italiani verso la politica, aveva bisogno di consensi per vincere le primarie del PD, Landini cadeva a fagiolo. Al segretario della Fiom, che in quel momento era a capo di numerose proteste sindacali, Renzi promise il Ministero del lavoro del suo prossimo Governo. Intanto, nonostante il consenso raggiunto, lo sprovveduto leader sindacale, con la sua mania di protagonismo cominciava a oscurare l’immagine del segretario/a della CGIL Susanna Camusso. Ritrovatosi unico grillo parlante a dire cose di sinistra, riuscì a coagulare attorno a se consensi di quelle centinaia di migliaia di lavoratori definiti di sinistra, per opportunismo. Nel frattempo la curva dei consensi di Renzi ebbe un’impennata facendolo assurgere al ruolo di Presidente del Consiglio con l’aiuto del caro Napolitano, già a sua volta abituato a bypassare la Costituzione. Gli italiani non avevano avuto il tempo di capire quello che stava accadendo e si sono trovati l’ex brillante sindaco di Firenze, che a “mo’ di Spiderman” si sedette sulla poltrona della Presidenza del Consiglio. A questo punto direte: Landini divenne ministro del lavoro? No! La delusione dell’ex ragazzo di Castelnovo ne’ Monti, fu cocente e cominciò a ostacolare i proclami dell’ex amico Renzi. Dal canto suo, il primo ministro non eletto, lo lasciò fare, ma quando capì che Landini manifestò velatamente di voler fondare un nuovo partito (Coesione sociale), con tutta l’estrema sinistra e l’ala reazionaria opposta a Renzi del PD, capeggiata da Bersani. Renzi, memore dell’apporto numerico di consensi di cui dispone, cominciò ad aizzare il segretario/a della CGIL, che irritato dal potenziale usurpatore, lo attaccò e ne prese le distanze dichiarando che il Sindacato non può sostituirsi alla politica. Landini, annaspa e dice che il sindacato per esistere deve essere soggetto politico, ma nega di voler fondare un Partito. Ormai però, il percorso è avviato. È recente notizia che il Governo (Renzi) disciplinerà le deleghe sindacali, quale gentile omaggio a Landini. La partita è tutta aperta. Il più furbo (non è Landini), vincerà. Nessuna utilità per gli italiani anzi… |
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