VOX POPULI
di Renato Catania tratto dal periodico "Lo Strillo" TOGHE INADEGUATE, IL DECALOGO DEL PRESIDENTE “LA TOGA non è un abito da scena, ma il vestito dell’imparzialità”:
dice il Presidente della Repubblica ai vincitori del concorso per magistrati, riuniti al Quirinale. Certo, il monito del Presidente, a questi giovani che stanno intraprendendo una delle carriere più difficili e di grande responsabilità, è altamente indicativo. Perché Mattarella ha voluto esordire in questo modo? Ci viene subito da pensare, che il malessere che serpeggia fra gran parte degli italiani, in primis a causa degli innumerevoli casi in cui molti colpevoli dichiarati non scontino spesso la pena, suscitando l’indignazione e la rabbia delle vittime e dei loro congiunti. In secundis, la frenesia di protagonismo di certi giudici, che attraverso le televisioni, carta stampata e talk show, confezionati su misura, anticipa sentenze, come ultimamente accaduto al giudice Piercamillo Davigo, ex presidente dell’Associazioni Nazionale Magistrati, che si è reso protagonista di un’intervista televisiva, che ha suscitato, a dir poco, clamore. A quanto pare tutto ciò preoccupa anche il Presidente, che ha fatto eco all’altolà, più preciso del vice presedente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini; Il caso del giudice Antonio Esposito che, intervistato dal quotidiano Il Mattino, rivelò prima che in tribunale, la sentenza che confermò la condanna di Berlusconi nel processo Mediaset. Ricordiamo che la nostra Costituzione designa il Presidente della Repubblica a capo della magistratura, questo lo mette in primo piano riguardo i rumors che l’operato di alcuni magistrati rampanti causano al Paese, inaffidabilità in termini di protagonismo, imparzialità e altro. Certo, il Presidente non ne risponde personalmente né per il ruolo che ricopre, ma sicuramente, ritengo possa provare imbarazzo, tant’è che l’espressione che ha utilizzato nell’occasione sopra descritta, fa comprendere un velato, ma significativo dissenso. Il tono e l’enfasi hanno dato il senso della speranza che Mattarella pone a quest’ultima generazione di magistrati. Il Presidente ha anche affrontato l’argomento sulla divisione delle carriere fra Giudici e Pubblici Ministeri, annoso problema spesso affrontato, ma mai risolto, nonostante il conflitto che si è sempre creato fra queste due specifiche funzioni. Il Presidente Mattarella, proseguendo nel suo discorso, di fronte a una platea vergine di pregiudizi e con il giusto entusiasmo e senso di responsabilità, esorta ad avere “spirito critico e capacità di mettere da parte le personali convinzioni, quando queste non trovino fondamento nella conoscenza dei fatti acquisiti e nelle norme dell’ordinamento”. Di seguito aggiunge che il giudice o magistrato che sia, non deve ne perseguire, ne dare l’impressione di perseguire finalità estranee alla legge, ovvero di elevare a parametro, opinioni personali, quando fa uso dei poteri conferitigli dallo Stato. Certo le raccomandazioni esposte da Mattarella sono state limpide e quasi ovvie, per la loro semplicità, sacre per la loro solennità, ma manifestano la fermezza di tenere a mente il senso della trasparenza, lontani da pregiudizi. E ancora con competenza e esperienza si addentra nella specificità delle funzioni: “l’irrinunciabile principio dell’autonomia e dell’indipendenza, non può essere una legittimazione per ogni genere di decisione, anche arbitraria, bensì rappresenta la garanzia di difesa da influenze esterne anche derivate da aspettative della comunità”. Mattarella continua il suo discorso ammonendo che l’attenzione dell’opinione pubblica rivolta all’azione giudiziaria, non deve determinare alcun condizionamento delle decisioni. Dopo queste espressioni, che appaiono forti e decise, quasi a rettificare comportamenti e giudizi azzardati, da parte di qualche componente la magistratura, ribadisce: “Il processo penale, non è una contesa fra privati, che possano presumere di orientarlo, condizionando i magistrati”. Continua a esortare i magistrati a interpretare la legge sempre in modo originale perché “vi è un delicato confine da rispettare tra interpretazione della legge e creazione arbitraria della regola”. Noi riteniamo essere stato opportuno considerare quest’approccio con i giovani magistrati, l’incipit di un decalogo deontologico che si è perso nel tempo. Ci auguriamo che queste sagge e ferme indicazioni possano veramente essere da monito, non solo per i giovani magistrati, ma aprano una nuova stagione di equilibrio fra quei magistrati che con il loro comportamento garantiscono alla gente ciò che si aspetta dalla Giustizia. |
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